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Brividi di Natale

di snanis


Nel 1843 Charles Dickens prendendo spunto dalle vicende dello spilorcio signor Ebenezer Scrooge con un breve ma significativo racconto invitava i suoi contemporanei a ritrovare lo spirito del Natale. Ed è proprio questo che negli anni, soprattutto negli ultimi due, a mio avviso abbiamo perso. Il Natale che vi racconto è stavolta insolito. Spulciando tra racconti di persone  e ricordando storie a me narrate ritroveremo un Natale lontano anni luce da quello commerciale cui siamo abituati ormai da tanti, troppi anni! Niente babbi o elfi carichi di regali per i bimbi quindi ma storie di streghe maligne e anime di morti venuti a disturbare o alleggerire l’esistenza dei comuni mortali. Le storie di streghe sono diffuse un po’ in tutta Italia ma stavolta ci manteniamo nei dintorni: i Castelli Romani. Stree così erano chiamate a Rocca di Papa le streghe, erano cattive, dedite a fare malefici all’interno delle proprie abitazioni potevano nuocere gravemente le persone prese di mira. Lo sport preferito? Storpiare un bimbo o pietrificare un marito con il solo tocco dei panni stesi all’aria aperta o del letto dove dormiva il malcapitato. Le stree erano talmente potenti da poter danneggiare un bambino anche prima della nascita. Anche qui bastava che sfiorassero il grembo di una donna incinta per provocarne la morte o la menomazione. Alla gestante non rimaneva altro da fare che affidarsi alla ruta, un’erba magica che se ingerita forse e dico forse, poteva salvare il bimbo. Impossibile riconoscerle di giorno, di notte si trasformavano e riuscivano a infilarsi nelle abitazioni altrui  e a fare danni. Un rimedio poteva essere la scopa di saggina poggiata dietro la porta di casa ma era solo nella notte di Natale che si poteva combatterle davvero a armi pari. Il 24 dicembre si riusciva a riconoscerle mentre si aggiravano nei freddi vicoli del paese. Non era insolito infatti vedere uomini armati di un forcone…non per infilzarle però…guardandole attraverso i rebbi la loro vera natura si palesava. Le streghe poi alla vigilia di Natale varcavano anche la soglia delle chiese e anche in questo caso potevano essere fermate gettando nelle acquasantiere un pettine, in pratica un forcone in miniatura. Ecco così restavano bloccate in chiesa e quindi le donne che non uscivano a fine funzione non erano altro che delle stree! Meno pericolose ma capaci comunque di incutere timore perché creature dell’aldilà erano poi le Anime Sante presenti anch’esse nei racconti di Natale. Si trattava di anime del Purgatorio. A Rocca di Papa, Marino e Albano apparivano sotto forma di animali cani o gatti che accompagnavano un viandante per una strada buia e pericolosa per difenderlo dalle insidie. Erano figure temute e al tempo stesso rispettate. A Rocca Priora per esempio, per rispetto alle anime che passavano di notte, le briciole della cena non venivano gettate ma raccolte in un angolo della cucina. Mai malvagie aiutano sempre chi si trova in difficoltà. C’è un racconto letto da nessuna parte che da bambina mi è stato narrato e che parla proprio di una di queste anime benevole. Il 24 dicembre tre o quattro uomini su un carro di ritorno dai campi nel tardo pomeriggio furono colti da un improvviso temporale. Una grande quantità di fango, formatosi a causa della pioggia intensa fece bloccare le ruote. Inutile lo sforzo degli uomini, il mezzo non andava ne avanti ne indietro. Una vecchia comparsa dal nulla si offrì di aiutarli. Gli uomini stanchi e increduli rivolgendosi alla vecchia le dissero che se non ce la facevano loro lei come avrebbe mai potuto aiutarli. La vecchia li invitò salire e con una leggera spinta il carro partì. Quando gli uomini si voltarono per ringraziarla la vecchia si era dissolta nel nulla. Era un’anima santa. Noi non siamo spilorci e non odiamo il Natale come il protagonista del racconto di Dickens ma questa pandemia ha tirato fuori il peggio in ognuno di noi. Siamo così arrabbiati e impegnati a accusarci gli uni con gli altri da aver dimenticato quel pizzico di mistero che fa parte del Natale. Chissà forse questi antichi racconti ci aiuteranno a riscoprirlo. Vi auguro quindi quest’anno di trascorrere un Natale magico e misterioso, ricordandoci sempre e comunque di mettere dietro la porta di casa un scopa di saggina. Non si sa mai!

Stefania Viceconti

Nel 1843 Charles Dickens prendendo spunto dalle vicende dello spilorcio signor Ebenezer Scrooge con un breve ma significativo racconto invitava i suoi contemporanei a ritrovare lo spirito del Natale. Ed è proprio questo che negli anni, soprattutto negli ultimi due, a mio avviso abbiamo perso. Il Natale che vi racconto è stavolta insolito. Spulciando tra racconti di persone  e ricordando storie a me narrate ritroveremo un Natale lontano anni luce da quello commerciale cui siamo abituati ormai da tanti, troppi anni! Niente babbi o elfi carichi di regali per i bimbi quindi ma storie di streghe maligne e anime di morti venuti a disturbare o alleggerire l’esistenza dei comuni mortali. Le storie di streghe sono diffuse un po’ in tutta Italia ma stavolta ci manteniamo nei dintorni: i Castelli Romani. Stree così erano chiamate a Rocca di Papa le streghe, erano cattive, dedite a fare malefici all’interno delle proprie abitazioni potevano nuocere gravemente le persone prese di mira. Lo sport preferito? Storpiare un bimbo o pietrificare un marito con il solo tocco dei panni stesi all’aria aperta o del letto dove dormiva il malcapitato. Le stree erano talmente potenti da poter danneggiare un bambino anche prima della nascita. Anche qui bastava che sfiorassero il grembo di una donna incinta per provocarne la morte o la menomazione. Alla gestante non rimaneva altro da fare che affidarsi alla ruta, un’erba magica che se ingerita forse e dico forse, poteva salvare il bimbo. Impossibile riconoscerle di giorno, di notte si trasformavano e riuscivano a infilarsi nelle abitazioni altrui  e a fare danni. Un rimedio poteva essere la scopa di saggina poggiata dietro la porta di casa ma era solo nella notte di Natale che si poteva combatterle davvero a armi pari. Il 24 dicembre si riusciva a riconoscerle mentre si aggiravano nei freddi vicoli del paese. Non era insolito infatti vedere uomini armati di un forcone…non per infilzarle però…guardandole attraverso i rebbi la loro vera natura si palesava. Le streghe poi alla vigilia di Natale varcavano anche la soglia delle chiese e anche in questo caso potevano essere fermate gettando nelle acquasantiere un pettine, in pratica un forcone in miniatura. Ecco così restavano bloccate in chiesa e quindi le donne che non uscivano a fine funzione non erano altro che delle stree! Meno pericolose ma capaci comunque di incutere timore perché creature dell’aldilà erano poi le Anime Sante presenti anch’esse nei racconti di Natale. Si trattava di anime del Purgatorio. A Rocca di Papa, Marino e Albano apparivano sotto forma di animali cani o gatti che accompagnavano un viandante per una strada buia e pericolosa per difenderlo dalle insidie. Erano figure temute e al tempo stesso rispettate. A Rocca Priora per esempio, per rispetto alle anime che passavano di notte, le briciole della cena non venivano gettate ma raccolte in un angolo della cucina. Mai malvagie aiutano sempre chi si trova in difficoltà. C’è un racconto letto da nessuna parte che da bambina mi è stato narrato e che parla proprio di una di queste anime benevole. Il 24 dicembre tre o quattro uomini su un carro di ritorno dai campi nel tardo pomeriggio furono colti da un improvviso temporale. Una grande quantità di fango, formatosi a causa della pioggia intensa fece bloccare le ruote. Inutile lo sforzo degli uomini, il mezzo non andava ne avanti ne indietro. Una vecchia comparsa dal nulla si offrì di aiutarli. Gli uomini stanchi e increduli rivolgendosi alla vecchia le dissero che se non ce la facevano loro lei come avrebbe mai potuto aiutarli. La vecchia li invitò salire e con una leggera spinta il carro partì. Quando gli uomini si voltarono per ringraziarla la vecchia si era dissolta nel nulla. Era un’anima santa. Noi non siamo spilorci e non odiamo il Natale come il protagonista del racconto di Dickens ma questa pandemia ha tirato fuori il peggio in ognuno di noi. Siamo così arrabbiati e impegnati a accusarci gli uni con gli altri da aver dimenticato quel pizzico di mistero che fa parte del Natale. Chissà forse questi antichi racconti ci aiuteranno a riscoprirlo. Vi auguro quindi quest’anno di trascorrere un Natale magico e misterioso, ricordandoci sempre e comunque di mettere dietro la porta di casa un scopa di saggina. Non si sa mai!

Stefania Viceconti

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